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Visita ai luoghi di Madre Mazzarello

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Itinerario di Maria Domenica Mazzarello


Prima tappa:
Il dono della vita e della famiglia Mazzarelli – Parrocchia (1837-1849)

Seconda tappa: La fede nel quotidiano – La Valponasca (1850-1860)

Terza tappa: Discernimento della vocazione e la missione educativa Via Valgelata – La casa del tifo (1860-1871)

Quarta tappa: Vita che genera vita – Il Collegio (1872-1879)

Quinta tappa: Una famiglia che cresce Collegio – Nizza Monferrato (1872-1881)

 

MAZZARELLI

luogo dei LEGAMI che favoriscono la crescita della vita

Ciao, mi chiamo Maria Domenica Mazzarello e, familiarmente, mi chiamano Maìn. Sono nata il 9 maggio 1837 qui ai Mazzarelli, in questa casa dove ho vissuto fino al 1848-1849, quando con tutta la mia cara famiglia ci siamo trasferiti alla Valponasca. Sono la primogenita di tredici figli. Sono stata attesa ed accolta con tanta gioia dai miei genitori che, proprio nel giorno della mia nascita, mi hanno battezzata. Grande dono! Giorno dopo giorno, ne scopro la gioia e la bellezza: essere figlia di Dio e gustare l’amore del Padre. Ho trascorso qui, ai Mazzarelli, i primi anni della mia vita in un contesto familiare aperto e ricco di presenze: fratelli, sorelle, la nonna paterna e due zii (fratelli di mio papà) con le rispettive famiglie. Ciò si rivelò essere per me ottimo terreno in cui imparare a vivere semplicemente, spontaneamente e sinceramente relazioni costruttive con tutti. Qui ho imparato a vivere e a lavorare insieme con altre persone, giovani e adulte, ad accoglierle, accettando e valorizzando le nostre differenze come una ricchezza.

I miei genitori sono stati grandi maestri e da loro ho ereditato fede salda e amore per la vita. Dalla mia mamma ho imparato le qualità tipiche della donna: sincerità e generosità, coraggio nell’affrontare la vita con disinvoltura e umorismo, amore grande alla Madonna. Per la mamma sono sempre stata una collaboratrice fedele, operosa e serena nell’educazione di fratelli e sorelle. Man mano che crescevo, sono però anche diventata il braccio destro del papà nel lavoro dei campi.

Proprio papà Giuseppe, al quale sono stata sempre molto affezionata, ha lasciato una traccia indelebile nella mia vita: quanto devo a lui! Se in me c’è qualche virtù, è perché lui era un santo per la purezza di abitudini e di conversazioni, per la coerenza di parole e azioni, perché lavorava con laboriosità e viveva fiduciosamente alla presenza di Dio.

Così da lui ho imparato a sviluppare una visione cristiana della mia vita. Ricordo che ancora bambina gli ho fatto una domanda: “Papà, cosa faceva Dio prima di creare il mondo?” La sua risposta mi rimase impressa per tutta la vita: “Dio contemplava se stesso, amava se stesso, adorava se stesso”.

Con mio papà, che mi spalancava gli orizzonti della vita e della fede, mi sentivo immersa nel mistero di Dio, che imparavo a scoprire come un Dio vivo, Padre, amante della vita, che parla nell’intimo del mio essere. In questa rete di legami familiari, sono cresciuta solida e fiduciosa ed ho imparato ad accogliere la vita come dono da condividere e come compito da svolgere. Quando penso agli anni vissuti qui ai Mazzarelli mi viene spontaneo esclamare: “Ti lodo Signore, perché mi hai fatto come un prodigio” (Sl 139).

 

 

PARROCCHIA: RICORDATA SOLO DA GESÙ

parrocchia okIn questa Chiesa sono stata battezzata il 9 maggio 1837, per me qui ha avuto inizio la mia vita cristiana; qui è la Sorgente a cui quotidianamente attingevo; così che nel mio cuore docile e accogliente Dio ha potuto operare “grandi cose”.

Ti accenno cosa gli altri raccontano del giorno del mio Battesimo: sono stata battezzata lo stesso giorno in cui nacqui, e presi il nome di Maria Domenica, in onore della Madonna e di Domenica per ricordare il padre e la madre del mio babbo che si chiamavano Domenico e Domenica. Per me questo luogo è stato la culla della mia fede, alimentata dai sacramenti dell’Eucarestia, ricevuta nel 1850 e della Riconciliazione.

Da ragazza seguivo con attenzione le lezioni di catechismo di Don Pestarino e andavo a confessarmi da lui, ricevendone consigli e orientamenti saggi e opportuni. Pensa che fu il mio direttore spirituale per ventisette anni, fino alla sua morte. Dopo la lunga malattia che aveva segnato il mio fisico, nel ritornare nuovamente in questa chiesa, scelsi di mettermi nell’ultimo posto, nell’angolo più oscuro e siccome ero rassegnata, non lieta di ricominciare a vivere, tra le altre cose che ho detto al Signore ci fu questa: “Signore! Se mi date ancora un po’ di vita, fate che io sia dimenticata da tutti, contenta di essere ricordata solo da te”.

Tante altre volte tornai davanti a questo crocifisso affidandomi al Signore e chiedendogli di poter capire e successivamente realizzare il progetto che Lui aveva su di me. Sono vissuta trentacinque dei miei quarantaquattro anni profondamente inserita nella comunità ecclesiale di Mornese, dalla quale tutto ho ricevuto e alla quale tutto ho donato.

 

 

LA CHIESETTA DEI MAZZARELLI

Chiesetta dei Mazzarelli okL`Edificio, di piccole dimensioni, si trova a poca distanza dal santuario di Madre Mazzarello, sulla destra. Si presenta come una costruzione semplice, con una sola navata. Benedetta il 24 maggio 1843, fu costruita dalla popolazione dei Mazzarelli che la volle fortemente per onorare la Madonna.

La dedicarono a Maria Ausiliatrice e ai Santi Stefano e Lorenzo in ringraziamento per la protezione avuta durante la grave epidemia di colera che imperversò tra il 1835 e il 1836.

Sulla facciata era dipinta l’immagine della Madonna con ai lati San Lorenzo e Santo Stefano.

 

È TEMPO DI RAVVIVARE IL FUOCO

“Procurate di imparare ad amare il Signore e vincere voi stesse e poi tutte le altre cose si imparano facilmente” (L 23).

 

 

VALPONASCA: DESIDERIO DI DIO

Per monti e valli ho cercato l’amato del mio cuore (Ct 3,1)

Valponasca okÈ in questa cascina della Valponasca che ho vissuto il periodo della mia adolescenza, dagli 11 anni circa ai 21 anni (1848-49/1858).

Il trasferimento fu deciso da mio padre, in quanto la nostra famiglia ai Mazzarelli (dove vivevano già tre fratelli di papà con le loro rispettive famiglie), era diventata troppo numerosa.. Per me quello della Valponasca è stato un tempo intenso di scuola di vita, da tutti i punti di vista.

A contatto con la natura e con il lavoro, ho appreso nella solitudine e nel silenzio, a vivere una vita spirituale autentica, radicata nella preghiera e nel servizio agli altri. La mia giornata cominciava prestissimo, quando era ancora buio, per recarmi in paese e partecipare alla prima Messa del mattino; al ritorno, prima che gli altri si fossero alzati dal letto, preparavo la colazione, riordinavo la casa e volavo a lavorare nei campi, anticipando gli operai. Qui ho imparato a INTEGRARE preghiera e lavoro, e a vivere la dimensione della fede in modo personale.  

In questa fase è stata decisiva la presenza di una guida; per me due persone sono state determinanti: il mio papà, Giuseppe, e il vice parroco di Mornese, don Domenico Pestarino. Don Pestarino mi ha guidata a fare un intenso lavoro sul mio carattere, che mi è costato impegno e fatica, ma capivo che si trattava di porre le fondamenta del mio edificio spirituale, così ho cercato di IMPEGNARMI con tenacia, energia e costanza a tutta prova.

Nelle proposte di don Pestarino, infatti, ho riconosciuto il mio bene, lo strumento per raggiungere l’ideale che non si identifica con la perfezione, bensì col servizio più libero e totale a Dio, dal quale mi sono sempre sentita amata e che io a mia volta ho amato da morire! Il mio più grande desiderio nella vita – e in questo periodo alla Valponasca – era Dio! Lo cercavo sempre, perché avrei voluto INCONTRARLO e tenerlo con me. La sua Presenza reale nella mia vita diventò la mia costante forza e gioia.

Lungo l’arco della giornata cercavo sempre un tempo per stare con Lui. Alla sera, dopo il duro lavoro dei campi, andavo su in soffitta, mi affacciavo alla finestrella da dove vedevo la chiesa parrocchiale e lì, con gli occhi del cuore – ma mi sembrava anche con gli occhi del corpo – incontravo il mio Signore… tanto era il mio desiderio, che mi sembrava di vedere il debole chiarore delle candele accese riflesso sulle vetrate, e così mi univo con il pensiero ai fedeli che si trovavano là. Anch’io, come loro, adoravo Gesù, lo ringraziavo per la giornata e gli chiedevo la sua benedizione. Il tempo lì a quella finestrella scorreva velocissimo, avrei voluto rimanere con lo sguardo sempre fisso a Lui e non staccarmi mai.

Alla Valponasca tornai nuovamente, per un periodo, all’età di 27 anni (1864) Quando don Pestarino me lo chiese, per me fu molto difficile… In quegli anni facevo parte di un gruppo di ragazze chiamato “Figlie dell’Immacolata”; noi eravamo decise a donare la nostra vita completamente al Signore, vivevamo insieme e ci dedicavamo alle ragazze di Mornese, proprio come don Bosco faceva con i ragazzi a Torino.

Organizzavamo tante attività per coinvolgere le ragazze e aiutarle ad essere buone, eppure alcune persone del paese non ci vedevano di buon occhio, per cui ad un certo punto don Pestarino ritenne opportuno per me e per tutti che io mi allontanassi per un po’ dal paese, e mi chiese di ritirarmi proprio qui alla Valponasca! Soffrii molto, ma in silenzio. Non capivo, ma in me c’era un forte desiderio non di affermare la mia volontà, bensì di fare anche ciò che non comprendevo, purché mi facesse crescere! E poi… ho sempre creduto nell’obbedienza, anche quando non si comprende fino in fondo, per cui posso ben dire che quel tempo vissuto alla Valponasca, ha purificato il mio cuore e mi ha permesso di crescere nella gratuità.

Qui alla Valponasca si può sperimentare ancora oggi come il silenzio e la natura ti custodiscano, e spero che anche tu - come lo è stato per me - percepisca l’attrazione verso Colui che abita il tempo e lo spazio, verso Colui che io ho cercato di amare e di servire…

Guardando l’orizzonte che si apre all’infinito, puoi provare ad esprimere la “sete” di quell’Oltre che forse non sai definire, ma che ti zampilla dentro! Un nuovo dono di vita!

 


È TEMPO DI RAVVIVARE IL FUOCO

“Voi mi dite che d'ora innanzi non volete più essere suore solo di nome ma di fatti, brave! così va tanto bene!! continuate ad andare avanti sempre bene, pensate che il tempo passa in America come in Italia, presto ci troveremo a quell'ora che dovrà decidere della nostra sorte. Noi felici, se saremo state vere suore, Gesù ci riceverà come uno sposo riceve la sua sposa. Ma per essere vere religiose bisogna essere umili in tutto il nostro operare, non di sole parole, ma di fatti, bisogna essere esatte nell'osservanza della nostra Santa Regola. Bisogna amare tutte le nostre sorelle con vera carità, rispettare la Superiora che Iddio ci dà chiunque essa sia...” (L 40).

 

LE CASE DEL PAESE: PASSIONE EDUCATIVA

Il periodo che va dal 1860 fino al 1872 è tutto un lungo periodo di discernimento da parte di Main. E’ interessante notare come abbia risposto ad ogni nuova luce che lo Spirito le mandava, senza aspettare che tutto fosse chiaro prima di mettersi al lavoro. Prima del tifo, Main era una giovane forte, impegnata nella vita famigliare, nel lavoro dei campi e nell’apostolato delle Figlie dell’Immacolata. Faceva la comunione quotidiana, si era consacrata con voto di verginità per la vita, ed era impegnata in una vita di preghiera, si può dire, ininterrotta. Poteva sembrare che avesse già trovato la sua vocazione e che non avesse da fare che continuare sulla strada imboccata.

La malattia venne a rompere questo ritmo di vita già così impegnata, a rompere l’equilibrio che sembrava così stabile, e le fece rivedere tutto. Durante la convalescenza, rendendosi gradualmente cosciente che le forze non sarebbero più tornate, si mise a pensare e a pregare. Il frutto del suo discernimento lo vediamo chiaro nelle scelte che ha fatto di conseguenze.

 

 

Casa della via Valgelata

Casa della via Valgelata okVorrei invitarti a fare con me un po’ di strada, passando fra queste case del paese, preziose testimoni del progetto di Dio che si realizzava a piccoli passi nella mia vita. Anche per me, come per Don Bosco, il progetto di Dio si rivelò giorno dopo giorno attraverso una serie di tappe progressive che terminarono nell’esperienza stabile alla casa dell’Immacolata.

Tutto partì da questa casa di Via Valgelata dove caddì gravemente inferma, dopo aver assistito i miei parenti ammalati di tifo. Dall’accoglienza di questa prova e della malattia, che mi portò ad affidarmi completamente al Signore, si aprì un orizzonte più ampio per la missione a cui ero chiamata.

Cominciò così il periodo della mia vita più fecondo fra le giovani del paese, il forte desiderio di far del bene alle giovanette, di radunarle, d’istruirle nella religione, d’insegnar loro a fuggire il peccato e a praticare la virtù fu rafforzato da quelle parole e quella visione che un giorno, passando per le collinette di Borgoalto ebbi: “mi parve di vedere un grande caseggiato con tutta l’apparenza esteriore di un collegio con numerose giovanette, mi fermai con grande stupore senza comprendere e sentii come una voce che mi disse: ’A te le affido’”.

 

 

Casa del Sarto

casa del sarto okQuella consegna incomprensibile piano piano prese forma a partire dall’intuizione di poter imparare il mestiere di sarta, il desiderio di fondare un laboratorio, l’ansia di raggiungere le ragazze del paese per fare loro del bene.

Un giorno ne parlai anche con la mia amica Petronilla: “A me pare proprio che il Signore voglia che noi due ci occupiamo delle ragazze di Mornese, non ti pare che, se sapessimo cucire, potremmo riuscirvi? Io ho deciso di imparare a fare la sarta. Vieni anche tu con me”. Il sogno di dare vita ad un “laboratorio” si realizzò attraverso una serie di tappe progressive a partire dall’idea di andare dal sarto del paese per imparare l’arte del cucito, poi con Petronilla iniziammo un minuscolo laboratorio, accogliendo le ragazze di Mornese e insieme al cucito, avevamo come intento principale quello d’insegnar loro a conoscere e ad amare il Signore, di farle buone e di salvarle da tanti pericoli.

La Casa di Angela Macagno

Casa di Angela Macagno 5Le mamme del paese vedendo che i lavori erano ben eseguiti cominciarono a chiederci d’insegnare anche alle loro figlie il mestiere e la casa divenne troppo piccola per accogliere tutte. Dovemmo cercare un altro ambiente e finalmente il fratello di Angela Maccagno ci affittò due stanze che si trovavano vicino alla chiesa, ma la mia gioia fu grande quando mi accorsi che oltre allo spazio per il laboratorio c’era un cortiletto al pian terreno dove si poteva fare anche l’oratorio.

 

La casa Bodrato

casa Bodrato okL’opera nascente continuava ad ingrandirsi e un giorno un venditore ambulante, rimasto vedovo con due bambine, ci pregò di accoglierle e di tenerle, non solo di giorno, ma anche per la notte, perché egli essendo fuori casa non se ne poteva occupare.

Ci spostammo allora in casa Bodrato e Petronilla cominciò a vivere a tempo pieno con le due bambine. A loro due ne seguirono altre e la famiglia s’ingrandì, così accogliemmo la proposta di Don Pestarino di spostarci nella casa dell’Immacolata dove iniziammo a vivere in 7, 4 Figlie dell’Immacolata con 3 ragazze.

 

 

 

 

 

La casa dell’Immacolata

casa dell Immacolata okLa famiglia però s’ingrandì nuovamente e con l’intervento di don Bosco, che intravide in quella comunità il nucleo proprio di una futura Congregazione religiosa fui scelta come superiora di quella nascente comunità religiosa.

La vita nella casa dell’Immacolata era caratterizzata dallo “spirito di famiglia” che permetteva di creare fra noi relazioni interpersonali improntate a semplicità e confidenza, dove le giovani erano al centro della nostra azione educativa e dallo “spirito di povertà” che ci rendeva una comunità testimone del vangelo.

Carissimi, queste case sono le testimoni del progetto di Dio che gradualmente si realizzava in me e nelle prime figlie dell’Immacolata che con me hanno condiviso la missione!

Io come superiora cercavo, da una parte, di vivere quotidianamente l’amorevolezza salesiana rendendola visibile attraverso l’affetto per ogni sorella e ragazza e dall’altra ero impegnata continuamente a guadagnarmi il loro affetto per poterle poi aiutare a crescere nel loro rapporto con Dio.

È TEMPO DI RAVVIVARE IL FUOCO

“Vi raccomando solo di non lasciare spegnere mai il fervore che il Signore vi ha acceso nel cuore, e pensate che una cosa sola è necessaria, salvar l'anima. Ma a noi religiose, non basta salvare l'anima, dobbiamo farci sante noi e fare colle nostre buone opere sante tante altre anime che aspettano che le aiutiamo. Coraggio! (L 18).

 

 

COLLEGIO: COMUNIONE IN FAMIGLIA

collegio okSe penso al Collegio mi vengono in mente tanti ricordi legati alla sua costruzione.

La prima pietra del Collegio fu posta nella località Borgoalto, di proprietà di Don Pestarino, il 13 Giugno 1865. La sua costruzione ha portato con sé lotte, resistenze, fatiche, ma nel tempo anche frutti di grande santità salesiana! I primi frutti: il 5 Agosto 1872, ho fatto la mia prima professione religiosa. Insieme ad altre 10 ragazze, siamo state le prime 11 Figlie di Maria Ausiliatrice del nascente Istituto: prima pietra di un grande monumento vivente di riconoscenza a Maria, come ci ha volute Don Bosco!

Da ragazza nel laboratorio di cucito sono sempre stata un punto di riferimento per le mie compagne, poi sono divenuta la vicaria della Madonna nella piccola comunità delle Figlie di Maria Immacolata e all’atto della fondazione dell’Istituto, Don Bosco mi ha confermato in questo stesso singolare ruolo.

Invece, il 15 giugno 1874 mi è stato chiesto di assumere in forma ufficiale il delicato compito di superiora. L’ho accettato nella consapevolezza della responsabilità concreta che esso comportava. Dall’esperienza del gruppo sempre vissuto con le ragazze di Mornese, in seguito Figlie dell’Immacolata, ho cercato di costruire la comunità! Non più dunque il cerchio ristretto delle “amiche”, ma quello più vasto dei rapporti tra sorelle nello spirito di famiglia, una famiglia sempre in crescita. In questo percorso ho cercato di applicare il principio salesiano, sempre valido, di far percepire alle persone di essere amate affinchè a loro volta, amassero quanto andavo proponendo.

Neanche a Mornese sono mancati i “casi difficili” verso i quali l’applicazione del Sistema Preventivo ha richiesto uno sforzo di creatività e un supplemento di amore. La missione educativa che ha sempre caratterizzato la prima comunità di Mornese, è stata quella di “prenderci cura” delle giovani, per aiutarle a scoprire il progetto di Dio sulla loro vita e a realizzarlo come condizione della loro felicità e come via di santità. Anche se con fatica, ho sempre cercato di pormi accanto ad ogni Figlia di Maria Ausiliatrice e ad ogni giovane come sorella e madre. Sulle mura di questo Collegio è stato scritto: “Questa è la casa dell’amor di Dio” e ancora oggi tutte le comunità del mondo guardano e pensano questo collegio come l’inizio della vita comunitaria ma soprattutto come il modello della comunione e dell’armonia. Noi prime sorelle abbiamo tanto amato Gesù da farne il centro della nostra vita ed esserne tanto felici. Eravamo contente di tutto, povere, donne di preghiera e di silenzio, ricche della nostra comunione e della nostra azione educativa.

Nel collegio di Mornese Gesù Eucarestia era il centro della vita ed il centro di tutto! Il collegio e’ stato il luogo nel quale l’altare diventava la scuola dove si imparava ad amare come ha amato Gesù, fino in fondo, sempre. Al Collegio la prima comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice, amava e serviva il Signore attraverso la vita quotidiana e la dedizione alle giovani.

 

 

È TEMPO DI RAVVIVARE IL FUOCO

“Consigliatevi sempre coi nostri buoni Superiori, non tralasciate mai il bene per rispetto umano, avvertite sempre e compatite i difetti delle vostre sorelle, fate con libertà tutto ciò che richiede la carità” (L 35).

 


IL ROVERNO: LUOGO DI SOLIDARIETA’

Roverno 2Per ogni Figlia di Maria Ausiliatrice il Roverno è un luogo simbolo che racchiude molti temi della spiritualità mornesina.

Le prime sorelle, aiutate e guidate da Maria Domenica, hanno compreso che la vita salesiana consiste nella condivisione semplice, operosa e lieta di un lavoro quotidiano – spesso duro – che le rende vicine alle persone, alla gente del paese, alle ragazze. Non ci sono privilegi, come le donne di Mornese si va al torrente per lavare la biancheria e, sotto il sole cocente, si piega la schiena tutto il mattino.

 

Adesso, vorrei invitarti a fare una bella passeggiata, andiamo verso la strada che porta ai Mazzarelli, per procedere dopo la via san Carlo e continuare fino al bivio dove si prende la strada di sinistra e si scende inoltrandosi sempre più nel bosco. Si giunge così al Roverno. Sai, qui era un punto d’incontro di tutte le donne di Mornese per fare il bucato. Si partiva al mattino presto con il loro carico di biancheria, si lavava, stendeva e, si mangiava lì. Anche noi, andavamo per essere solidali con loro, poi, alla sera, tornavamo con la biancheria asciutta. Nulla di eccezionale. Posso dirti che la fatica era ampiamente ricompensata dall’allegria, dall’aiuto fraterno, dall’abitudine al sacrificio, comune a tutte le donne di Mornese.

L’acqua, soprattutto in inverno e in primavera, scorre abbondante e i pietroni ricordano il lavoro di tutte noi, che inginocchiate per terra, sbattevamo su di essi la biancheria. Noi andavamo una volta al mese, felici del diversivo. Nel cascinale più prossimo al molino prendevamo in prestito qualche pentola e, se occorre, la tafferia per la polenta e la spianatoia per gli gnocchi. Era propriamente un pranzo migliore del solito, imbandito all’aria aperta.

Le educande attizzano il fuoco, sbucciano le patate, aiutano ad impastare gli gnochi e intanto cantavamo le belle lodi imparate dal direttore. A sera ritornavamo tutte felici al collegio, precedute da Cinin che guida l’asino con la biancheria asciutta e piegata; ci accompagnano e seguono le oratoriane che, saputo della gita, sono scese al Roverno per aiutare, o venivano incontro contente di vederci una volta di più e di accompagnarci fino al collegio, a giocare e saltare un po’ in cortile, fuori orario e fuori programma.

 

È TEMPO DI RAVVIVARE IL FUOCO

“State sempre allegra e non dimenticatevi mai di colei che tanto vi ama nel Signore, ed io vi assicuro che vi accompagnerò sempre con le mie deboli preghiere” (L 66).